Welfare o premi di produzione? Benvenuto welfare premiale!
Scritto il 28 Maggio 2020
In questi ultimi anni si è sentito parlare sempre più di welfare aziendale, ossia quel sistema di prestazioni di carattere non monetario a favore dei lavoratori: fringe-benefit, servizi di assistenza sanitaria, buoni carburante, ma anche viaggi ricreativi, abbonamenti a palestre, riviste o quotidiani, e chi più ne ha, più ne metta.
I motivi di rapida espansione del welfare aziendale sono molto semplici, e sono riassumibili in questi due punti:
- Le prestazioni riconducibili al welfare non sono assimilati al concetto di “reddito di lavoro dipendente” (il welfare non va mai inteso come “sostitutivo della retribuzione”, ma è sempre qualcosa in più che va ad integrare la retribuzione stessa), pertanto la loro adozione comporta forti vantaggi contributivi per l’imprenditore che le introduce in azienda e forti vantaggi fiscali per i dipendenti che usufruiscono di tali prestazioni;
- La possibilità di accedere ai sopracitati vantaggi contributivi e fiscali (a partire dal 2016) con un regolamento interno all’azienda, il quale abbia efficacia negoziale e che non sia quindi revocabile unilateralmente.
Un esempio pratico dei vantaggi economici che si possono avere? Eccolo.
Possiamo notare in modo evidente i vantaggi:
- Nel caso di erogazione di welfare il costo che l’azienda sostiene equivale al netto goduto dal dipendente. Un vero e proprio taglio del c.d cuneo fiscale;
- Se invece si decide per un erogazione cash in busta paga il discorso si fa differente. Non solo l’azienda dovrà sostenere un costo più alto per l’erogazione di un determinato importo al dipendente, ma anche il dipendente sarà penalizzato, perché l’importo corrisposto sarà lordo, e dunque dovrà essere a sua volta sottoposto a contribuzione Inps e a tassazione.
Possiamo quindi osservare come il legislatore veda sempre più di buon occhio le iniziative con le quali le aziende si fanno carico dei bisogni dei propri dipendenti e dei loro familiari, concedendo benefit sotto forma di beni e servizi; tutto ciò coerentemente coi principi costituzionali dello Stato sociale, che si prende cura dei propri cittadini (lavoratori, in questo caso), migliorando il loro benessere e potere d’acquisto.
Ed effettivamente (come abbiamo appena visto) i vantaggi ci sono, sia per l’impresa che per il dipendente: è per questo che il welfare aziendale è oggi così tanto famoso, un vero e proprio trend.
Non tutti però sanno che si sta sviluppando un nuovo (e interessantissimo!) tipo di welfare, che assume sia i tratti del welfare aziendale “puro” come lo conosciamo tutti, sia dei famosi premi di produttività, utilizzati da molti imprenditori per stimolare i propri dipendenti per far crescere la propria attività: parliamo del Welfare Premiale.
Questo istituto ha visto la sua luce nel 2017, quando l’Agenzia delle Entrate della Lombardia ha affermato la sua piena legittimità, sdoganando una possibilità incredibile per le aziende che vogliono dare una scossa alla propria attività di produzione/fornitura di servizi.
Ma veniamo al sodo: che cos’è un sistema di welfare premiale? Ebbene, non è altro che un insieme di prestazioni che l’azienda eroga a favore dei propri dipendenti le quali, soddisfando i requisiti per accedere alla integrale decontribuzione, ossia (1) essere all’interno dell’ambito di applicazioni degli articoli 51 comma 2, e (2) che tali prestazioni siano rivolte ad una generalità di soggetti ( tutti i dipendenti o categorie di dipendenti ben identificate), vengono corrisposte in maniera differenziata a seconda che siano raggiunti determinati risultati di efficienza e/o produttività.
Detto in termini più semplici? C’è un regolamento welfare, sono previste delle prestazioni, ma i dipendenti le ricevono solo se soddisfano le condizioni del regolamento, ossia il raggiungimento del risultato previsto.
Ed effettivamente è proprio su questo che l’Agenzia delle Entrate ha sindacato a seguito del sopracitato interpello del 2017 (interpello 904-791/2017, AE Lombardia): la Società chiedeva se fosse valido il sistema di welfare adottato, avente appunto carattere premiale ed incentivante.
In particolare, l’azienda assegnava un “credito welfare” a tutti i lavoratori ma dietro il raggiungimento di un determinato risultato; qualora il risultato fosse stato inferiore a quello previsto, il credito welfare si sarebbe proporzionalmente ridotto.
Ebbene l’Agenzia delle Entrate ha dato parere positivo, legittimando pienamente questo sistema; infatti, la mera previsione di condizioni di risultato per l’erogazione dei servizi welfare, se uguale per tutti non è in alcun modo in contrasto coi requisiti posti dalla legge per l’ottenimento dei vantaggi contributivi.
Non ci sono mezzi termini per descrivere questo “nuovo” sistema: si tratta di un’opportunità pazzesca! Perché? È presto detto: oltre ai normali vantaggi del welfare nella sua versione “ordinaria” (vantaggi contributivi per l’azienda, lavoratori più soddisfatti e con un potere d’acquisto più alto), il welfare premiale permette di migliorare l’efficienza aziendale, premiando chi eccelle. E si sa, premiare le persone per i loro risultati rende le stesse più felici, efficienti e motivate. Per non parlare della fidelizzazione e del senso di appartenenza che i dipendenti vedranno inevitabilmente crescere nei confronti dell’azienda: è il fisiologico processo della meritocrazia!
Il sistema di welfare premiale può dunque esser visto come una forma moderna ed evoluta dei famosi premi produttività, in quanto si mantiene la ratio di questi ultimi (premiare chi eccelle) ma con vantaggi economici che i premi produttività non conoscono: essi infatti sono di regola soggetti a tassazione ordinaria, salvo che l’azienda non abbia stipulato appositi accordi con le forze sindacali “maggiormente rappresentative sul territorio nazionale” e che consentono forme di detassazione dei premi.
Insomma, stiamo parlando di un sistema che ha delle potenzialità sicuramente molto forti. Ma come in tutte le cose, il potenziale va attentamente incanalato per poter godere a pieno dei suoi frutti.
E dunque, come “coltivare” al meglio il potenziale del welfare premiale?
È semplice: dando fortissima attenzione all’elemento negoziale in fase di creazione dello stesso.
Spieghiamoci meglio: il welfare aziendale raggiunge il suo scopo sociale solo nel momento in cui comprende beni e servizi utili e apprezzati da chi li riceve; il lavoratore percepirà un maggior senso di benessere se è destinatario di qualcosa che “piace”; per questo è molto importante saper preventivamente scegliere un corretto “pacchetto” di beni e/o servizi da offrire ai dipendenti.
L’imprenditore dovrà quindi intercettare i bisogni della sua forza lavoro, e dovrà farlo ancor di più nel caso di welfare premiale: come si può premiare una persona con qualcosa che la stessa non gradisce? Si vedrebbe completamente scemare l’effetto incentivante verso una maggiore efficienza aziendale.
Elementi essenziali per un buon piano di welfare premiale sono quindi:
- saper fissare degli obiettivi: dove vuole arrivare l’azienda? Cosa si vuole ottenere?
- Progettare il piano welfare in funzione degli obiettivi da raggiungere: welfare non significa solo “sconti contributivi”, ma è molto di più!
- Comunicare: nessuna formula magica. Una sana comunicazione è l’unico modo per intercettare i bisogni dei lavoratori, dando risalto all’elemento negoziale.
- Fissare delle KPI’s (Key Performance Indicator, in italiano “indicatori chiave di prestazione”): non basta far partire un piano welfare ben progettato. È fondamentale monitorare costantemente i risultati per capire se si sta andando nella direzione giusta, e, in caso contrario, cosa poter sistemare per rimettersi in carreggiata.
E per concludere, ricordate: in un mercato del lavoro competitivo come quello odierno si richiedono sempre più sistemi efficaci per trattenere i talenti migliori: riconoscere i risultati raggiunti e premiare chi si è dato da fare, è sicuramente il miglior modo per farlo.
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