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ASSENZA INGIUSTIFICATA (VOLONTARIA) PER FARSI LICENZIARE E PRENDERE LA NASPI: SI PUO’ FARE? IL CURIOSO CASO DEL GIUDICE DI UDINE…

Scritto il 08 Agosto 2022

Attenzione alle assenze ingiustificate messe in atto dal personale dipendente al solo scopo di farsi licenziare, sperando di ottenere così la NASPI: una (sorprendente?) sentenza del Tribunale di Udine rimette tutto in discussione…

 

SERVE BUONA FEDE, ALTRIMENTI LA NASPI NON LA PRENDI

Queste parole non le trovate scritte da nessuna parte, ma è proprio con esse che possiamo sintetizzare con forza il principio di massima espresso da una Sentenza di I grado del Tribunale di Udine, depositata in data 26 maggio 2022, che, di fatto, ha sindacato sulla legittimità del comportamento tenuto da una lavoratrice che decide di rimanere assente ingiustificata, senza fornire alcuna spiegazione/giustificazione, e senza nemmeno dimettersi, allo scopo di poter percepire l’indennità di disoccupazione.

 

Ma entriamo nei dettagli, come sono andate le cose?

La lavoratrice in questione aveva deciso di non presentarsi più sul posto di lavoro, ponendo in essere una prolungata assenza ingiustificata, e, come anticipato, senza avvisare l’azienda in alcun modo.

L’assenza ingiustificata si protrae per qualche mese, mettendo il datore di lavoro in una situazione di limbo; tuttavia, il datore ha reagito in modo creativo (rectius, fuori dall’ordinario): con apposita lettera richiede alla dipendente la formalizzazione delle dimissioni volontarie, essendo un passaggio fondamentale, da adempiere con le dimissioni telematiche, appunto per ufficializzare una situazione di fatto evidente, ossia il fatto che la dipendente non voleva più lavorare in azienda.

Passa del tempo ma tutto tace: la dipendente non da risposta.

In assenza di risconto il datore ha quindi proceduto a inviare il consueto UNILAV di cessazione del rapporto di lavoro al competente Centro per l’impiego per “dimissioni volontarie”, pur in assenza di dimissioni telematiche.

Solo dopo che viene effettuata tal comunicazione, la dipendente irreperibile da mesi torna in gioco: apriti cielo, si apre un giudizio.

La dipendente decide di citare in giudizio il datore di lavoro, chiedendo il ripristino immediato del rapporto di lavoro, dato che “mai erano state da lei rassegnate dimissioni, né comunque presentata la convalida in via telematica prevista dalla legge”.

 

E il giudice, che ha deciso?

Il giudice riconosce che vi è la mancata formalizzazione delle dimissioni, ma nonostante ciò afferma che “è agevole ravvisare nel comportamento concretamente tenuto dalla lavoratrice la sintomatica manifestazione della volontà (…) di non dare seguito al contratto di lavoro, determinando così la risoluzione per fatti concludenti”.

Per elaborare tal ragionamento giuridico, il giudice ha attentamente analizzato la Legge Delega del Decreto Legislativo che prevede l’obbligo di dimissioni telematiche (articolo 26, D.Lgs. 151/2015); in particolare la Legge Delega (L. 183/2014) prevede all’articolo 1 che debbano (dovevano, visto che non è mai stato fatto) esser stabilite:

“modalità semplificate per garantire data certa nonché l’autenticità della manifestazione di volontà della lavoratrice o del lavoratore in relazione alle dimissioni o risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, anche tenuto conto della necessità di assicurare la certezza della cessazione del rapporto di lavoro nel caso di comportamento concludente in tal senso della lavoratrice o del lavoratore".

Si tratta di una questione totalmente ignorata dal Decreto Legislativo, ma che non può essere ignorata dal giudicante, non solo in quanto Legge in pieno vigore, ma anche (e soprattutto) perché esprime la reale intenzione del legislatore delegante (fattore determinante nell’interpretazione delle disposizioni normative).

Insomma, sulla base di ciò il Giudice dà ragione all’Azienda: si tratta di dimissioni per fatti concludenti, di conseguenza niente NASPI (anche perché, per una furbata del genere non sarebbe giusto determinare un aggravio di spesa pubblica, consistente appunto nel pagamento della NASPI).

Non è la prima volta che viene espresso un ragionamento simile da parte della magistratura, ma si badi: si tratta solo della sentenza di I grado, e dunque vedremo se in appello si confermerà questa visione.

Una cosa è certa: serve un chiaro intervento legislativo.

Rimanere assenti ingiustificati solo per farsi licenziare, per prendere la NASPI, è qualcosa di assolutamente scorretto e poco etico: il giudice di Udine l’ha detto, a gran voce.

 

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