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BUONI PASTO E SMART WORKING: LE NEWS

Scritto il 07 Maggio 2021

 

I Buoni Pasto

 

Il Tuir, Testo Unico delle Imposte sui Redditi (DPR 22 dicembre 1986, n. 917), prevede che non concorrano alla formazione del reddito del lavoratore dipendente “le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi; le prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto fino all'importo complessivo giornaliero di euro 4, aumentato a euro 8 nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica; le indennità sostitutive delle somministrazioni di vitto corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione fino all'importo complessivo giornaliero di euro 5,29”. La norma distingue dunque 3 ipotesi di somministrazione di vitto:

a) la gestione, anche tramite terzi, di una mensa da parte del datore di lavoro;

b) la prestazione di servizi sostitutivi di mense aziendali (ad esempio, i buoni pasto);

c) la corresponsione di una somma a titolo di indennità sostitutiva di mensa.

Fatta salva l'ipotesi a), che esclude l'emersione di un reddito di lavoro dipendente, nelle altre modalità di somministrazione del vitto, invece, è prevista, anche se in diversa misura, la rilevanza reddituale della stessa.

In base all’articolo 4, Decreto Mise 122/2017, il buono pasto può essere corrisposto da parte del datore di lavoro in favore dei dipendenti assunti, sia a tempo pieno che a tempo parziale, nonché qualora l'articolazione dell'orario di lavoro non preveda una pausa per il pranzo.

La normativa fiscale non prevede una definizione delle prestazioni sostitutive di mensa, limitandosi a prevederne la non concorrenza al reddito nei limiti descritti.

Nella risposta a interpello n. 123/E/2021, l’Agenzia delle entrate, in assenza di disposizioni che limitano l'erogazione da parte del datore di lavoro dei buoni pasto in favore dei propri dipendenti, ritiene che per tali prestazioni sostitutive del servizio di mensa trovi applicazione il regime di parziale imponibilità prevista dal Tuir, indipendentemente dall'articolazione dell'orario di lavoro e dalle modalità di svolgimento dell'attività lavorativa.

Pertanto, anche nei confronti dei lavoratori in smart working, il datore di lavoro non è tenuto a operare la ritenuta a titolo di acconto Irpef sul valore dei buoni pasto fino a 4 euro, se cartacei, ovvero 8 euro, se elettronici.

 

Smart Working

 

La risposta su-esposta dell’Agenzia delle entrate assume maggiore importanza se si ricorda che è stato pubblicato sulla G.U. n. 96/2021 il D.L. 52 del 22 aprile 2021, in vigore dal 23 aprile 2021, c.d. Decreto Riaperture, che prevede la proroga dello stato di emergenza fino al prossimo 31 luglio.

Una delle conseguenze della proroga al 31 luglio 2021 dei termini correlati con lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 è proprio (articolo 11 della norma) il nuovo termine per avvalersi dello smart working semplificato (la cui palingenesi è attribuita all’ articolo 90, commi 3 e 4, D.L. 34/2020), mediante semplice comunicazione al Ministero del lavoro, in via telematica, dei nominativi dei lavoratori e della data di cessazione della prestazione di lavoro in modalità agile, ricorrendo alla documentazione resa disponibile nel sito internet del Ministero stesso, anche in assenza di accordi individuali e con obblighi di informativa sui rischi generali e specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro da assolversi in via telematica, anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile nel sito internet Inail.

Probabilmente il 31 luglio sarà l’ultima chiamata (lo speriamo!) per lo smart working semplificato, ma è altrettanto probabile che siamo lontani dal vedere il suo “viale del tramonto”, soprattutto nelle Aziende (e loro dipendenti) dove il lavoro agile è super funzionale al raggiungimento degli obiettivi: è pertanto altamente consigliato iniziare a mettere in pista un buon sistema di smart working “reale”, definitivo, alla luce delle disposizioni contenute nel D.Lgs 81/2017, articoli 18 e seguenti.

La prima cosa da fare sarà redigere un buon regolamento aziendale, che funga da vera e propria Stella Polare dello smart working aziendale.

Sul punto va detto che, in realtà, la vigente normativa non prevede l’obbligo di dotarsi di un regolamento (l’obbligo riguarda semplicemente l’accordo tra le parti, il quale deve appunto sussistere tra datore di lavoro e lavoratore che aderisce allo smart working). Dotarsi di un buon regolamento aziendale di lavoro agile permetterebbe poi di redigere l’accordo tra le parti in modo molto più agevole, in quanto sarà possibile avere un accordo più snello, che potrà rimandare ad alcuni punti fondamentali del regolamento.

Ecco ad esempio cosa inserire nel regolamento aziendale di smart working:

  • una breve premessa generica, con la quale si esplica cosa significa fare smart working, e perché l’azienda ha deciso di sposare la realtà del lavoro agile (esempio: la volontà di consentire ai dipendenti di conciliare al meglio le proprie esigenze private e sociali con la vita professionale);
  • le modalità con quali il dipendente o l’azienda potranno richiedere l’uno all’altro di aderire allo smart working (esempio: richiesta scritta, richiesta verbale, e nei confronti di chi avanzare la richiesta);
  • quali sono i lavoratori che hanno diritto di priorità nell’aderire allo smart working (esempio, l’azienda potrebbe voler dar priorità a genitori con figli sotto i 3 anni);
  • eventuali benefit al raggiungimento degli obiettivi individuali, tra cui adesso anche i…buoni pasto!

 

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