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MALATTIA DEL LAVORATORE E SVOLGIMENTO DI ALTRE ATTIVITA’ EXTRA- LAVORATIVE: E’ LEGITTIMO?

Scritto il 15 Novembre 2021

La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha avuto moltissime occasioni per esprimersi sulla legittimità o meno del fatto che un dipendente svolga altre attività durante il periodo di malattia: pur non potendosi parlare di un orientamento giurisprudenziale unanime.

Una delle questioni più dibattute nel mondo del diritto del lavoro è, senza ombra di dubbio, la gestione (e le conseguenze) derivanti dallo svolgimento di “altre attività” da parte del lavoratore dipendente, durante il periodo in cui quest’ultimo è in malattia.

Gli orientamenti dei giudici sono molti, oscillano tra chi è più rigoroso, giustificando anche dei licenziamenti per giusta causa, a chi invece è più “permissivo”.

Ma, per capire come gestire una situazione di questo genere, partiamo dal principio:

COSA S’INTENDE PER “MALATTIA” NEL MONDO DEL DIRITTO DEL LAVORO?

Potrebbe sembrare una domanda banale, ma ogni ragionamento parte proprio da qui.

Infatti, nel gergo giuslavoristico, “malattia” non ha la stessa accezione di quella che si ha in campo medico; quest’ultima è infatti definita come “uno stato di alterazione della salute che comporta un’assoluta o parziale incapacità di svolgere l’attività lavorativa”.

Della serie: non basta una malattia clinica per aver diritto alla malattia; l’alterazione della salute deve esser tale da comportare un’incapacità a rendere la prestazione lavorativa!

Da questa definizione, se ne ricava una conseguenza fondamentale: Il lavoratore subordinato ha, nei confronti del proprio datore di lavoro, un dovere di fedeltà (oltre che di buona fede, in ogni sua azione) e per questo si ritiene che, durante il periodo di malattia, il lavoratore NON deve in alcun modo svolgere attività che siano pregiudizievoli per un rapido recupero dello stato di salute, in modo da poter rientrare sul posto di lavoro il prima possibile.

(Esempio estremo: il magazziniere che ha avuto in infortunio grave alla gamba che va a fare trekking in montagna, magari pubblicizzati sui social, di certo non sta facendo qualcosa di favorevole per accelerare la guarigione!)

Ed ecco che si apre il vaso di pandora: quali attività sono pregiudizievoli per il recupero dalla malattia? Dipende dal tipo di malattia? Dipende dal tipo di attività? Come effettuare una valutazione corretta? Apriti cielo, qui la discrezionalità di valutazione è pressoché infinita! (ed è per questo che non è possibile trovare un orientamento giurisprudenziale chiaro, nemmeno all’interno della Corte di Cassazione).

Ad esempio, si considerino questi due esempi pratici (di orientamento opposto):

  • è illegittimo il licenziamento del dipendente che prolunga la malattia, anche se durante il periodo ha svolto attività extra lavorative (magari scoperte da un investigatore assunto dall’azienda proprio per controllare il dipendente “malato”), perché contano i certificati medici e i riscontri del Ctu che accertano il mancato aggravamento della patologia con un ritardo della guarigione legato alla modesta attività fisica (è in questo senso l’Ordinanza 27322/2021 della Cassazione)
  • è legittimo il licenziamento per giusta causa del dipendente in malattia con uno stile di vita quotidiana che può ritardare la guarigione (è in questo senso, invece, l’Ordinanza 26709/2021, sempre della Corte di Cassazione).

Insomma... è possibile trovare un punto d’accordo interpretativo? Difficile a dirsi.

Abbiamo infatti due orientamenti opposti:

  • uno legato a considerazioni di tipo medico- clinico, che mira a verificar se l’attività svolta è idonea o meno a pregiudicare la guarigione;
  • Il secondo molto più rigoroso, secondo il quale, a prescindere, i comportamenti che mettono a rischio il rientro in servizio costituiscono comunque una violazione dei doveri di correttezza e buona fede, che può portare alla risoluzione del rapporto.

Insomma la partita (giuridicamente parlando) è molto aperta poiché vi sarà sempre una zona grigia, in cui la discrezionalità interpretativa può essere molto ampia, ma una cosa è certa: la buona fede, il buon senso e la correttezza, non solo nel diritto del lavoro, dovrebbero guidare i comportamenti…

 

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