QUANTO E’ LA (MAXI)SANZIONE PER IL LAVORO SOMMERSO (“LAVORATORI IN NERO”)?
Scritto il 03 Giugno 2022
L’INL è intervenuto con un vademecum utile per chiarire alcuni aspetti relativi all’applicazione della maxisanzione per lavoro sommerso. Qui di seguito si evidenziano alcune particolarità.
La sanzione
La sanzione è graduata per fasce in base alla durata del comportamento illecito. Attualmente la sanzione è determinata come di seguito:
- da 1.800 a 10.800 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore sino a 30 giorni di effettivo lavoro;
- da 3.600 a 21.600 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore da 31 e sino a 60 giorni di effettivo lavoro;
- da 7.200 a 43.200 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore oltre 60 giorni di effettivo lavoro.
Le sanzioni sono aumentate del 20% in caso di impiego di:
- lavoratori stranieri ai sensi dell'articolo 22, comma 12, D.Lgs. 286/1998;
- minori in età non lavorativa (cioè coloro che non possono far valere 10 anni di scuola dell’obbligo e il compimento dei 16 anni);
- percettori del Reddito di cittadinanza.
La Legge di Bilancio 2019 ha, altresì, previsto, oltre alla maggiorazione del 20% degli importi dovuti a titolo di sanzione, il raddoppio di tali percentuali laddove il datore di lavoro, nei 3 anni precedenti, sia stato destinatario di sanzioni amministrative o penali per i medesimi illeciti (c.d. recidiva).
La norma, al fine di promuovere la regolarizzazione dei rapporti sommersi, ha previsto la diffidabilità della maxisanzione con l’annesso beneficio dell’ammissione al pagamento del minimo edittale delle sanzioni.
Per ottemperare alla diffida – nel termine di 120 giorni dalla notifica del verbale unico – devono realizzarsi le seguenti condizioni:
- instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato alternativamente con:
- contratto a tempo indeterminato, anche part-time con una riduzione oraria non superiore al 50%;
- contratto a tempo pieno e determinato di durata non inferiore a 3 mesi;
- mantenimento in servizio di tali lavoratori per un periodo non inferiore a 3 mesi, cioè non inferiore a 90 giorni di calendario (da computarsi “al netto” del periodo di lavoro prestato in nero, il quale andrà comunque regolarizzato; in altri termini, il contratto decorrerà dal primo giorno di lavoro nero, mentre il periodo di 3 mesi utile a configurare l’adempimento alla diffida andrà conteggiato dalla data dell’accesso ispettivo).
Nei casi di interruzione del rapporto di lavoro non imputabili al datore di lavoro è possibile ottemperare alla diffida con un separato contratto, stipulato successivamente all’accesso ispettivo, che dovrà consentire il mantenimento del rapporto per almeno 3 mesi.
In ogni caso, entro il 120° giorno dalla notifica del verbale deve trovare pieno compimento l’intero periodo di mantenimento in servizio del lavoratore (3 mesi).
Campo di applicazione
La c.d. maxisanzione per lavoro sommerso si applica ai datori di lavoro privato, indipendentemente dal fatto che siano o meno organizzati in forma di impresa, a esclusione del datore di lavoro domestico. Tale esclusione “non opera nel caso in cui il datore di lavoro occupi il lavoratore assunto come domestico in altra attività imprenditoriale o professionale” (Ministero del lavoro, circolare n. 38/2010).
In altre parole, il lavoratore assunto come domestico (quindi per finalità esclusivamente riferite alle necessità private e familiari del datore di lavoro in veste di privato cittadino) e rispetto al quale sono stati, altresì, posti in essere gli adempimenti di formalizzazione di un rapporto di lavoro domestico, ivi compresa la comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro, resta comunque un lavoratore in nero nell’ipotesi in cui venga impiegato in attività d’impresa o professionale facente capo al medesimo datore di lavoro. I medesimi principi si applicano anche alle ipotesi di utilizzo di prestazioni rese in regime di Libretto famiglia che non risultino conformi al disposto normativo.
L’illecito è integrato dai seguenti requisiti:
- mancanza della comunicazione preventiva di assunzione (il datore di lavoro deve aver omesso di effettuare la comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto di lavoro, che deve essere effettuata entro le ore 24 del giorno antecedente a quello di instaurazione del relativo rapporto);
- subordinazione (il rapporto di lavoro instaurato di fatto deve presentare i requisiti propri della subordinazione).
Sono, pertanto, escluse dall’applicazione della maxisanzione le prestazioni lavorative che rientrano nell’ambito del rapporto societario ovvero di quello familiare, difettando di norma in tali casi l’essenziale requisito della subordinazione. Per tali figure (in particolare coniuge, parenti, affini, affiliati e affidati del datore di lavoro), che non sono soggette all’ordinaria comunicazione UNILAV, la legge prevede una comunicazione indirizzata all’Inail.
In termini generali e a ulteriore precisazione di quanto affermato dal Ministero del lavoro con circolare n. 38/2010, occorre sottolineare che la maxisanzione non può trovare diretta applicazione per la sola omissione di detta comunicazione, essendo comunque necessario verificare in concreto il requisito della subordinazione.
In caso di prestazioni autonome occasionali rese ai sensi dell’articolo 2222, cod. civ., la maxisanzione potrà trovare applicazione soltanto nel caso in cui le suddette prestazioni non siano state oggetto di preventiva comunicazione, sempreché la prestazione sia riconducibile nell’alveo del rapporto di lavoro subordinato e non siano stati già assolti, al momento dell’accertamento ispettivo, gli ulteriori obblighi di natura fiscale e previdenziale, ove previsti, idonei a escludere la natura “sommersa” della prestazione. In tal senso, occorrerà verificare, ad esempio, il versamento della ritenuta d’acconto del 20% mediante modello F24 ovvero la circostanza che la prestazione autonoma risulti indicata sul modello 770 del committente. Tali adempimenti dovranno essere stati assolti prima dell’accertamento ispettivo e riconducibili alla prestazione oggetto di verifica.
Casi di esclusione
La sanzione non trova applicazione tutte le volte in cui, dagli adempimenti di carattere contributivo precedentemente assolti, si evidenzi la volontà del datore di lavoro di non occultare il rapporto di lavoro, anche laddove si tratti di una differente qualificazione dello stesso. Conseguentemente, il personale ispettivo non adotterà la maxisanzione nei casi di:
- intervenuta regolarizzazione spontanea e integrale del rapporto di lavoro originariamente in nero, prima di qualsiasi accertamento da parte di organismi di vigilanza in materia giuslavoristica, previdenziale o fiscale o prima dell’eventuale convocazione per espletamento del tentativo di conciliazione monocratica;
- differente qualificazione del rapporto di lavoro.
Per intervenuta regolarizzazione si intendono i casi in cui:
- il datore di lavoro abbia proceduto a effettuare, entro la scadenza del primo adempimento contributivo (cioè entro il giorno 16 del mese successivo a quello di inizio del rapporto di lavoro), anche la sola comunicazione di assunzione, dalla quale risulti la data di effettiva instaurazione del rapporto di lavoro, fermi restando i successivi e conseguenti adempimenti previdenziali e la piena sanzionabilità anche della tardiva comunicazione;
- il datore di lavoro – qualora sia scaduto il termine del primo adempimento contributivo – abbia denunciato spontaneamente la propria situazione debitoria entro 12 mesi dal termine stabilito per il pagamento dei contributi o dei premi dovuti agli Istituti previdenziali e abbia effettuato il versamento degli interi importi dei contributi o premi dovuti per tutto il periodo di irregolare occupazione entro 30 giorni dalla denuncia, unitamente al pagamento della sanzione civile prevista dall’articolo 116, comma 8, lettera b), L. 388/2000, previa comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da cui risulti la data di effettivo inizio della prestazione.
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