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SCENE DA UN MATRIMONIO (TRA LA FORMAZIONE PER IL MANAGEMENT E IL CINEMA): IL COACHING, INTERPRETATO DA "MILLION DOLLAR BABY"

Scritto il 02 Marzo 2021

Con questo articolo continuiamo a mettere in relazione i grandi temi del Management e del Lavoro, attraverso la Settima Arte: il Cinema. Oggi vogliamo parlare di Coaching, argomento sempre più caldo ed in “primo piano” ormai nelle Aziende.

 

Ma come nasce il Coaching? Bisogna tornare indietro di circa 2.500 anni per rispondere, poiché Socrate è il “Godfather” del Coaching, essendo infatti considerato il primo Coach della Storia: la Maieutica (l’Arte della “Levatrice”), fondata da Socrate, è proprio l’Arte di mettere sotto la luce della “telecamera”, attraverso il dialogo, ciò che è già proprio della persona.

Nel 1800 in Inghilterra (in un periodo in cui l’istruzione stava avendo dei risultati mediocri in termini di perfomance degli allievi) gli studenti universitari erano soliti utilizzare la parola Coach per individuare i migliori Tutor, quelli che li motivavano e li guidavano con buoni risultati verso la conclusione dell’anno accademico.

Più di recente (anni ‘70 e ’80 del novecento) la parola Coach viene utilizzata in ambito sportivo: questo lo si deve in particolare a Tim Gallwey, un allenatore di tennis che ha scritto il libro “Il gioco interiore del Tennis”. Tim notò che i giocatori di tennis si correggevano da soli quando gli venivano poste delle domande aperte, invece di offrirgli delle consulenze su come migliorare: infatti quando i giocatori ascoltavano i suggerimenti dell’allenatore per migliorare succedeva che…le loro prestazioni peggioravano!

Tim portò sotto i riflettori una regola d’oro e cioè che nel tennis, come nella vita, esistono due giochi: uno interiore (il nostro stato emotivo, fisico, ciò che ci diciamo e immaginiamo) e uno esteriore (tutto quello che è esterno a noi, le condizioni climatiche, il campo da gioco, il mio avversario, il produttore del film…); Tim affermò dunque che il nostro potere di controllo diretto può tendere a 100 nel primo caso e a zero nel secondo!

Ma ecco la definizione di coaching, secondo ICT: il coaching è un rapporto professionale che aiuta le persone a produrre risultati straordinari in alcuni ambiti ben specifici (vita, carriera, nel business, nelle organizzazioni); attraverso il processo di coaching i clienti approfondiscono l’apprendimento, migliorano le loro perfomances e in generale arricchiscono la qualità della loro vita.

In primis il coaching consiste in un’attività di sviluppo incentrata fortemente nel rapporto fiduciario, forse meglio definirla relazione, tra coach e coachee, finalizzata al migliore raggiungimento di obiettivi ben specifici.

Il Coaching ormai è un’attività molto diffusa e di grande “popolarità” nel vissuto delle Aziende, soprattutto di medio/grandi dimensioni, in quanto è connessa alla tendenza in atto di una maggiore richiesta al singolo di responsabilità e autonomia: prevede l’affiancamento, la condivisione di un contratto di apprendimento, la scelta del metodo più idoneo e la valutazione della prestazione durante un periodo di tempo ben definito.

Sicuramente il momento più significativo del coaching dopo la definizione del contratto di apprendimento è quello del feedback, cioè il momento della restituzione al collaboratore delle percezioni e dei riscontri di capo, colleghi sulla coerenza organizzativa dei suoi “sapere”, “saper fare”, “saper essere” e quindi l’efficacia delle sue prestazioni.

L’Arte del dare e ricevere feedback (con grazia, infatti è un’Arte) significa sviluppare in particolare la capacità di ascolto (attivo) e di accettazione (senza se e senza ma…magari con grazie?!!), imparando in pratica a restituire impressioni e sensazioni come realtà percettive insindacabili e autentiche.

Il Coaching in un’impresa riguarda prevalentemente il rapporto Capo-Collaboratore (Regista-Attore?!) ma coinvolge anche altri soggetti dell’agire organizzativo in azienda: pensiamo in particolare al responsabile dello sviluppo del Personale.

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Il film “paradigma”, che oggi interpreta il Coaching, è il bellissimo e drammatico “Million Dollar Baby”, del 2004, con la regia del veterano Clint Eastwood.

Il protagonista del movie è Frankie Dunn (Clint Eastwood), uno scorbutico e anziano manager di boxe, che ha come unico amico l’ex pugile afroamericano Eddie ‘Scrap-Iron’ Dupris (Morgan Freeman). I due condividono il lavoro quotidiano in una vecchia palestra nella periferia di Los Angeles, ma l’annuncio che il loro miglior pugile, Big Willy (Mike Colter), ha intenzione di scaricarli per un manager più astuto e ambizioso, turba molto Frankie. La delusione lascia il posto all’incredulità, quando la trentaduenne Maggie Fitzgerald (Hilary Swank), modesta cameriera, decide di voler intraprendere la carriera pugilistica e chiede aiuto allo scontroso allenatore.

Nonostante l’iniziale sbalordimento, Frankie si rende conto che Maggie è un talento naturale nella boxe e cerca di non commettere gli stessi errori che portarono Big Willy a lasciare la polverosa palestra.

L’allenatore, infatti, punta tutto sulla sua prediletta e vuole farla gareggiare nel circuito dei mondiali. Nel giorno dell’incontro con la campionessa dei pesi Welter, Frankie, ossessionato dalla lingua gaelica, dona alla sua campionessa una simbolica vestaglia e Maggie sale sul ring per affrontare la temibile Billie ‘orso blu’ (Lucia Rijker). Nonostante il match sembra essere a sfavore dell’americana, la testarda coachee/pugilessa fa del suo meglio per non andare KO e il pubblico l’acclama. La sua avversaria, tuttavia, non ha intenzione di giocare pulito e vuole vincere a tutti i costi. Così, dopo quel match, la vita e il futuro di Maggie cambiano per sempre e Frankie, che si sente responsabile per la sorte della donna, dovrà prendere una decisione molto importante e controversa...ma NO SPOILER! 

Nel film sono presenti tutte le competenze tipiche del Coaching: relazione di fiducia e confidenza tra coach e coachee, l’accordo di coaching, la comunicazione efficace attraverso un continuo ascolto attivo nel contesto dei desideri del “Cliente”, il feedback, il facilitare apprendimento e risultato, passando per la definizione di obiettivi.

Per concludere ricordiamo che vi sono altre tipologie di apprendimento, assolutamente da non confondere con il Coaching “genuino”, come ad esempio: Mentoring, Formazione e…Psicoterapia 

 

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